2018.05.05

エルデル・カマラ大司教 6

前々回に ① として示したもの、すなわち私がカマラ大司教の実際について最も詳しいと思ったイタリア語の記事を、自動翻訳に頼りつつ翻訳することにチャレンジした。しかし、途中でへたった。──しかし、もったいないので、訳した部分を表示する。

イタリア語(原記事): Alleanza CattolicaPDF

イタリア語(原記事): CESNUR

イタリア語(写し): Il fumo di Satana  / Radio Spada


第二バチカン公会議で進歩主義者たちがどのように「勝たなかった」か。モンシニョール・エルデル・カマラの『ローマ、朝2時』のレビュー

by マッシモ・イントロヴィーニア
Massimo Introvigne

Cristianità 346号(2008年)より

2004年、彼の親友であったベルギー人の枢機卿レオン-ジョセフ・スーネンス(1904-1996)が「たとえ公会議のセッションで発言しなかったとしても、シーンの裏で重要な役割を果たした」(1) と評した影響力を持った一人の高位聖職者〔カマラ大司教〕が第二バチカン公会議(1962-1965)中にブラジルの友人たちに書き送った回状のコレクション『Obras completas〔=Complete Works〕』の第一巻〔総ページ数:553ページ〕がブラジルで刊行された。『ローマ、朝2時』と題されたそのイタリア語訳版〔総ページ数:504ページ〕では、編者サンドラ・ビオンド(Sandra Biondo)は、ブラジルの状況に関した多くのテキストを省き、公会議におけるカマラ大司教の行動に特に焦点を当てている。

エルデル・カマラは、ブラジルの歴史にとって、ラテンアメリカの教会にとって、また第二バチカン公会議にとって重要な人物であるということになっている。〔しかし〕残念ながら、イタリア語訳版の序文(15~18ページ)では、ルイス・カルロス・ルース・マルケス(Luiz Carlos Luz Marques)教授と前述の編者は、数々の有益な情報を提供している一方、高位聖職者の伝記においてはしばしば起こるように、〔カマラ大司教の〕政治的また宗教的側面に関しては完全に再構成している。ブラジル北東部地域出身、セアラー州フォルタレザ〔州都〕に生まれたこの男性は、若いエルデル・ペソア・カマラ神父であった時、地元ではプリニオ・サルガード(1895-1975)によって創設されたブラジルのファシズムと言っていい AIB(Azione Integralista Brasiliana)の「緑色のシャツ」を着ていた闘争家として知られていたことが、〔ブラジル語版では〕しばしば言及されている──〔しかし〕イタリア語訳版では、たった5行、彼が統合主義運動に関わっていたことが序文で書かれているだけである。のちに彼は、カトリック教徒の権威ある歴史家マーガレット・トダロ・ウィリアムズの言葉によれば「〔彼にとって〕厄介事になっていたそれとの関係を矮小化しようとし」(3)、「(1930年代の)自分は緑色のシャツを着たセアラー州の取るに足りない司祭に過ぎなかった」(4) と言うのを好んだが、真実は、取るに足りない闘争家だったのではなく、統合主義運動の主要幹部の一人だった。トダロ・ウィリアムズはこう続けている:「ドン・エルデルは、1932年から1934年まで、ブラジル北東部地域 の二人の AIB 指導者のうちの一人だった。1934年、彼はプリニオ・サルガードの招きでリオデジャネイロに移り、そこで信任を得てサルガードの個人秘書になった。彼はそこで、セアラー州でしていたのと同じように、統合主義運動の集会を導き、更に行進まで指揮した。党機関「A Ofensiva〔=The Offensive〕」で、またあらゆる場所で、彼は統合主義運動の活発な擁護者だった。リオデジャネイロ大司教区における彼の絶え間ない統合主義活動に対するレーミ枢機卿[リオデジャネイロの大司教、セバスチャン・レーミ・ダ・シルヴェイラ・シンタ(1882-1942)]の反対にもかかわらず、ドン・エルデルはやめることを拒否した。そしてレーミ枢機卿との二回にわたる個人的な激しい衝突にもかかわらず、彼は AIB の全国組織における書記長になった (5)

1934年3月4日、ブラジル・パラー州ベレンの仲間に囲まれながら人々に演説する25歳のカマラ神父  参照参照

実は、第一次世界大戦(1914-1918)後のブラジルのカトリック教会の覚醒〔リバイバル〕の主要な建築家であり且つ1930年代のブラジルのカトリック教会の文句なしのリーダーであったレーミ枢機卿と統合主義運動の間の問題は議論の余地があり、曖昧である。〔すなわち〕ドン・カマラは同枢機卿から繰り返し警告されたけれども、処罰は一度もされなかった。しかし、この事は彼のケースの特異性を何ら減ずるものではない。例えば、イタリアにはファシズムに共感を寄せる聖職者は確かに居るけれども、ファシスト党の書記長に任命された司祭は居ない。しかし、この若い司祭の場合、確かに AIB の書記長だったのである。モンシニョール・カマラについては非常に多くの理想化された物語が書かれているけれども、彼の友人であるオットー・エンゲルが1968年、「長期にわたる根気強い調査の実り」(7) であるカマラの伝記を出版しようとした時、オリンダ及びレシフェ大司教区当局からそれを出版しないようにとの「略式命令」(6) を受けたが、それは「大司教が自分の経歴に関する或る政治的な部分、特に統合主義運動に関する部分に関して心配」(8) したからであったろうことは想像に難くない。「実際、エンゲルのその著作は、それらタブーとされていた主題について、その重要性を誇張することを避けつつも、オープンかつ率直に書いていた」(マーガレット・トダロの論文「司牧者たち、預言者たち、政治家たち: ブラジルのカトリック教会、1916年~1945年」1971年、コロンビア大学、p. 396 より。トダロはこの論文を書くためにエンゲルの刊行されなかった本の草稿を読むことができた)。他の伝記記者たちは、ドン・エルデルによって承認された説明を繰り返すばかりである。すなわち、それは当時「貧しい人々」のために社会的な主張ができる場所は AIB しかなかったというところから来るドン・エルデルの「若気の至り」だったのだ、と。管理人注1

「統合主義運動問題」は、1937年にジェトゥリオ・ドルネレス・ヴァルガス(1882-1954)の独裁体制によって AIB が解体させられ、次いで1938年、ヴァルガスに対する統合主義者の反乱が失敗し、サルガードが逮捕され、そして国外追放になったことにより、終息した。ドン・カマラはそれから数年の間、控え目な態度を保っていた。しかし、彼は統合主義の党のトップに居たのだからとして、彼のことを、聖職者としての地位を取り戻すことができる能力の高い、カリスマのある司祭と見る向きはそのままだった。1947年、彼はブラジル・カトリック・アクションの副会長となった。1950年、彼は、それはただの運営体制のことだとしつつ、ブラジル司教協議会(CNBB)の設立を提案し始めた。ブラジル司教協議会は、聖座の承認のもと、1952年に発足した。同年、モンシニョール・カマラはリオデジャネイロの補佐司教(当時の世界ではユニークなものだったが、やがて恒常的なポジションとなった事務局トップ)に任命された。そして彼は、特にイタリアのアルマンド・ロンバルディ大司教(1905-1964)が駐ブラジル教皇大使に着任した1954年以降(ロンバルディ大司教はモンシニョール・カマラを支持し、毎週のように彼に会った)、ブラジルの教会のマスメディアに独占的に登場する権利のようなものを手に入れた。事実、ブラジルの司教たちに対する大いなる賞讃者、アメリカの歴史家にして神学者であるラルフ・デラ・カーヴァはこう書いている:「ブラジル司教協議会から出された方針、計画、声明は、ブラジルの聖職位階全体の名で出されたけれども、実際のところはもっぱら、教皇大使、ドン・エルデル、そして八名から十名ほどの彼の協力者たちから出されたものだった」(9)

1964年9月26日に教皇大使ロンバルディが突然死亡した後の翌27日(公会議開催中)、教皇パウロ六世(1963-1978)は、CNBB〔ブラジル司教協議会〕の全てのメンバーをローマに招集した。モンシニョール・カマラに近い所謂「CNBB グループ」は、アメリカの政治学者トーマス・C・ブランオーによれば「全ての重要なポジションから外された」(10) 。ブランオーはブラジルの高位聖職者に対してかなり好意的な人だが、その当時に関する決定的な著作の中で、CNBB は(少なくともカマラによって作られた最初のそれは)1964年9月に「解体させられた」(11) あるいは「解散させられた」(12) と書いている。それに先立つ3月12日、多くの人には「左遷」のように映り、3月31日に起こった軍事クーデターとの何らかの関係を根拠なく疑われた結果に違いないと思われたものだが、その司教〔カマラ〕はオリンダ及びレシフェの大司教に任命された。その地はリオデジャネイロの政治活動の中心からは遥か遠い所にあった。しかし、モンシニョール・カマラはレシフェを、知的に非常に訓練された、世界における「解放の神学」の一つの実験場に変えることができた。

〔翻訳はここまで〕

Come accennato, la scelta di testi nell’edizione italiana omette quelli più direttamente relativi alle vicende della CNBB, e si concentra sull’attività dell’arcivescovo al Concilio. Dietro a strutture più note come l’IDOC, l’International Documentation on the Catholic Church, originariamente un servizio d’informazione sul Concilio per la stampa olandese, che però diventa con il tempo una struttura permanente, capace d’influenzare il modo in cui il Concilio è percepito dalla stampa mondiale, emergono — ed è già un motivo di grande interesse di Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II — organizzazioni assai più riservate come la misteriosa opera di cui mons. Câmara è magna pars denominata Opus Angeli: una realtà così discreta che, secondo una nota dell’opera, “la [sua] segretaria [di allora] Elisabeth Hollants, interpellata al proposito, ha sempre preferito non rilasciare dichiarazioni sull’argomento” (p. 48, nota 4). Non si riesce a sfuggire all’impressione che realtà di questo genere cercassero d’influenzare il Concilio con metodi alquanto curiosi: riunioni cospiratorie, contatti privilegiati con i mass media, nomi in codice perché non si può mai sapere chi legge o ascolta al telefono — così il card. Suenens, il principale portavoce delle idee di mons. Câmara nei dibattiti conciliari, è quasi sempre indicato come “padre Miguel” (p. 236) — e perfino segnali convenuti per indicare ai padri conciliari “amici” come dovessero votare in aula. Né è chiaro esattamente chi facesse parte dell’Opus Angeli, anche se  una notazione secondo cui “il capo della banda e il padrone del circo […] abita a Cuernavaca” (p. 488) — insieme ad altri riferimenti e al fatto che la citata Hollants, segretaria dell’Opus Angeli, fosse anche all’epoca la sua segretaria personale — permette d’identificarne una figura chiave nel teologo austriaco Ivan Illich (1926-2002), allora residente appunto a Cuernavaca, in Messico. Ma emergono pure i nomi del teologo svizzero Hans Küng e del teologo moralista tedesco Bernard Häring C.SS.R. (1912-1998), cui si aggiunge in seguito anche don Giuseppe Dossetti (1913-1996), capofila del cosiddetto cattolicesimo democratico in Italia.

Benché le circolari cerchino sempre di non spegnere l’entusiasmo dei destinatari, e annuncino dunque, con poche eccezioni, sistematiche “vittorie” della parte progressista, talora con un gergo esplicitamente calcistico — il prelato, del resto, è brasiliano, e si conosce l’amore del Brasile per il calcio —, a mano a mano che il Concilio procede ci si accorge che molte delle proposte elaborate nell’officina dell’Opus Angeli, si potrebbe dire la maggioranza, non sono accolte, soprattutto in tema di collegialità, conferenze episcopali, riforma della curia — perciò all’inizio, prima della sua scomparsa, Câmara pensava alla nomina a segretario di Stato del nunzio in Brasile Lombardi —, elezione del Papa da parte dell’assemblea del Sinodo dei Vescovi e non di un conclave di soli cardinali, rapporti con le religioni non cristiane, ecumenismo, segni di povertà della Chiesa, ordinazione inizialmente diaconale e quindi anche presbiterale delle donne, abolizione del celibato sacerdotale. Anche la nomina di mons. Câmara a cardinale — che “un Amico più che Amico” (p. 345) giudicava nel 1965 uno strumento “necessario, anzi indispensabile” (ibidem) perché si realizzassero gli obiettivi della cerchia dell’arcivescovo al Concilio — non si realizzerà né “quanto prima” (ibidem) né mai.

La madre di tutte le sconfitte per mons. Câmara e per i suoi amici è tuttavia il rifiuto di Papa Paolo VI di far pronunciare il Concilio sul tema degli anticoncezionali: un rifiuto che già preannuncia l’enciclica Humanae vitae sulla retta regolazione della natalità, del 25 luglio 1968, rispetto alla dottrina enunciata nella quale l’arcivescovo di Olinda e Recife, già tre anni prima dell’enciclica di Papa Paolo VI, dà un giudizio durissimo come un “errore” (p. 363) destinato “a torturare le spose, a turbare la pace di tanti focolari” (ibidem), “a suo modo, una nuova condanna di Galileo [Galilei, 1564-1642] (ibidem); anzi, addirittura, “la morte del Concilio” (p. 461), “la negazione pratica della collegialità” (ibidem), “l’annichilimento pratico dell’ecumenismo” (ibidem). Poeta, mons. Câmara ironizza anche sui figli che le donne “vittime” della dottrina della Chiesa sugli anticoncezionali sono costrette a generare, con espressioni che nascono sì dall’emozione per un episodio specifico e atroce — un […] bambino che, nella mia Recife, ha avuto parte del visino divorato dai topi!…” (p. 390) — ma lasciano davvero molto perplessi quanto alla sua sintonia con la teologia cattolica sul valore di ogni vita umana:

“Figli, figli, figli…
Se è il piacere che vuoi
(ma che altro ti resta, Poveretta?)
devi procreare,
devi procreare!
Anche se tuo figlio
sarà uno scheletrino
sarà un topino orrendo
che nemmeno i topi
riusciranno ad accettare
(ci sono topini graziosi,
incantevoli sorcetti).
Figli, figli, figli…
Se è il coito che vuoi
(ma tu sai cos’è il volere?)
devi procreare,
devi procreare!
Anche se tuo figlio
ti nasce senza viscere
le gambette a stecchino
la testona a pallone
brutto da morire”
(pp. 390-391).

La circolare “poetica” si chiude con un’invocazione alla Madonna perché chieda al Padre Celeste […] di non collaborare alla nascita di Mostriciattoli!” (p. 392).

Queste espressioni non vanno prese alla leggera e confermano come intorno alla questione, poi trattata nell’enciclica Humanae vitae, già durante il Concilio si preparasse un dissenso, che investiva i fondamenti stessi dell’autorità del Papa, che dalla questione degli anticoncezionali si sarebbe poi esteso all’aborto, e che per il momento scendeva in campo esplicitamente a favore del divorzio, approvando la posizione della Chiesa ortodossa che non ha […] precluso la possibilità di un nuovo matrimonio religioso a chi è stato abbandonato…” (p. 377) dal coniuge. A chi teme che i laicisti divorzisti cantino vittoria per queste tesi, mons. Câmara risponde: “Cosa importa che qualcuno canti vittoria, se ha ragione?” (ibidem). Su questi punti, naturalmente, il vescovo brasiliano si rendeva conto che il Papa e i documenti del Concilio non sarebbero stati dalla sua parte, dal momento che in materia di famiglia i Padri Conciliari […] sono ancora ben lungi dal prendere in considerazione la riformabilità dei testi di Pio XI [1922-1939] e Pio XII [1939-1958], che essi considerano alla stregua di pronunciamenti di infallibilità…” (p. 376).

Ma mons. Câmara e i suoi amici preparavano anche la soluzione per il postconcilio: andare “oltre i testi conciliari” (p. 439), trovare nel Concilio “affermazioni implicite la cui spiegazione compete a noi” (ibidem), “al chiarore del suo spirito” (ibidem). Egli opponeva uno “spirito del Concilio” (p. 33) agli schemi, come farà poi per i documenti, fin dal 13 e dal 14 ottobre 1962, due giorni dopo l’apertura dell’assise ecumenica . E nell’imminenza della chiusura della stessa assise, in una circolare invitava gli amici a cominciare fin da subito un “inizio di preparazione del Vaticano III” (p. 454), un nuovo Concilio da convocare “entro 10 anni” (p. 397). Visto che gli si riconosce il “carisma del profeta” (ibidem), mons. Câmara chiede, in un incontro del 13 ottobre 1965 con un gruppo di alti esponenti della Compagnia di Gesù, in cui parla del Vaticano III: “Se voi mi chiamate Profeta, dovete accettare di essere Dottori: e allora ditemi, per favore, trovate che ci sia qualche argomento effettivamente decisivo che impedisca alle donne  laccesso al sacerdozio, oppure si tratta di un pregiudizio maschile che il Vaticano III potrà abbattere?” (p. 398). Sempre in nome del suo “carisma del profeta” l’arcivescovo prevede nello stesso incontro del 1965 che “in 10 anni l’uomo sarà sbarcato sullo spazio con tutte le sorprese che possono arrivarci da lassù e, siccome non credo in un Dio geloso che ha paura dell’ombra e teme il potere che ha concesso al suo co-creatore, credo che l’uomo creerà artificialmente la vita, arriverà alla risurrezione dei morti (ovviamente con limiti e indebolimenti) e trasformerà in realtà il vecchio sogno di [Serge] Voronoff [medico russo naturalizzato francese, celebre per la sua pretesa di ottenere miracolosi risultati di ringiovanimento di pazienti maschi tramite l’innesto di ghiandole genitali di scimmia, ma da molti considerato un ciarlatano (1866-1951)]… Si creerà allora un tale stato di panico — generato soprattutto da coloro che si ostinano a tracciare dei limiti alla generosità con cui Dio comunica i propri poteri — e l’ateismo riceverà un impulso talmente forte, che riunire un Vaticano III sarà l’unica soluzione” (pp. 397-398).

Per fortuna la creazione artificiale della vita, la risurrezione dei morti e la realizzazione del sogno del dottor Voronoff hanno fatto la stessa fine del cappello da cardinale, destinato a non ornare mai la testa di mons. Câmara, nonostante un “vecchio arcivescovo austriaco” (p. 64) gli avesse assicurato: […] revelatum est mihi (mi è stato rivelato) aliquando (un giorno) Cardinalis eris (sarai Cardinale) (ibidem). E anche il grande aumento del numero degli atei non vi è stato: anzi, almeno secondo le statistiche dei sociologi, sono piuttosto diminuiti.

Il tema dell’ateismo porta verso un argomento delicato su cui l’opera getta una luce importante. Sulla base di alcuni testi suoi — o da lui firmati con altri — degli anni 1970, la cui analisi socio-economica è, per dire il meno, molto vicina a certe tesi tipiche del comunismo, gli avversari del presule si sono chiesti spesso se mons. Câmara fosse comunista. La risposta che emerge dai testi ora pubblicati è certamente negativa. Egli rimane un cristiano che crede in Dio — e negli angeli, anche se riguardo a questi ultimi la sua devozione prende talora strade curiose — e disapprova senza riserve l’ateismo comunista. Pensa tuttavia che sia possibile […] separare il socialismo dalla base materialista che a volte lo accompagna. L’esperienza ha già dimostrato che non sono dati inseparabili” (pp. 370-371). Il vescovo brasiliano crede anzi che questa separazione fra comunismo e ateismo sia prossima. “Almeno nel nostro terzo mondo — ma credo che in questo caso non ci sia una differenza sostanziale rispetto a ciò che succede, ad esempio, nei paesi a regime comunista — i comunisti di base filosofica e convinzioni materialiste, atei militanti, sono una minoranza nella minoranza.

“La massa comunista esulterà il giorno in cui scoprirà che non c’è bisogno di rinnegare Dio e la vita eterna per amare gli uomini e difendere la giustizia della vita terrena.

“La massa comunista guarderà alla religione con rispetto e simpatia se la vedrà decisa a non offrire copertura a ingiustizie assurde commesse nel nome del diritto di proprietà e dell’iniziativa privata” (p. 450). Quando questa sintesi di socialismo e vita eterna sarà proposta,[…] delle due l’una: o la Russia vi aderisce, e sia data lode a Dio; oppure si smaschera, e allora tutte le persone sincere che la seguono per sete di “giustizia, amore e pace” la abbandoneranno” (p. 427).

In questo senso, curiosamente, mons. Câmara interpreta anche il messaggio delle apparizioni mariane di Fatima del 1917, sulla cui realtà — a differenza di altri Padri Conciliari “progressisti” — non sembra avere dubbi, ma che legge come se l’affermazione della Madonna “La Russia si convertirà” equivalesse a “L’URSS [Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche] si convertirà”, restando comunista e sovietica, anche se non più atea. “E l’appello di Fatima — scrive —, per che cosa era?… Non per l’annientamento dell’URSS e della Cina, bensì per la loro conversione… Nel 1967 la Rivoluzione Russa festeggerà il proprio giubileo… Dobbiamo accelerare il passo, non c’è più tempo da perdere” (p. 447). Quanto alla richiesta di molti Padri Conciliari che chiedevano una nuova condanna del comunismo, mons. Câmara la considera “una richiesta folle” (p. 446), parole che attribuisce a dichiarazioni private dello stesso Papa Paolo VI. Indubbiamente la mancanza di tale condanna da parte del Concilio rappresenta, questa sì, una vittoria per il presule brasiliano e per i suoi amici. Ma non per la Chiesa: nel 2005 monsignor Walter Brandmüller, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, affermerà che […] come noi sappiamo quarant’anni dopo la sua conclusione, sarebbe stata una pagina gloriosa per il concilio se, seguendo le orme di Papa Pio XII […], avesse trovato il coraggio di condannare espressamente e di nuovo il comunismo” (13).

In generale, la visione del comunismo di mons. Câmara appare straordinariamente ingenua. Non solo nessuno studioso accademico, già negli anni 1960, pensava fosse davvero logicamente possibile separare l’analisi marxista dell’economia e il materialismo storico dal materialismo dialettico e dall’ateismo, ma soprattutto sembrava sfuggire al vescovo brasiliano che quanto vi era di sbagliato nel comunismo non si riduceva affatto all’ateismo. Anche se fosse possibile separare l’economia comunista dalla filosofia atea che le fa da base, questa economia rimarrebbe non un qualche cosa di amabile e positivo ma una ricetta sicura per l’oppressione e la miseria. Come si esprimerà qualche anno più tardi il Magistero della Chiesa nella Istruzione su alcuni aspetti della “teologia della liberazione” “Libertatis nuntius”, pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1984: “Milioni di nostri contemporanei aspirano legittimamente a ritrovare le libertà fondamentali di cui sono privati da parte dei regimi totalitari e atei che si sono impadroniti del potere per vie rivoluzionarie e violente, proprio in nome della liberazione del popolo. Non si può ignorare questa vergogna del nostro tempo: proprio con la pretesa di portare loro la libertà, si mantengono intere nazioni in condizioni di schiavitù indegne dell’uomo.

“Coloro che, forse per incoscienza, si rendono complici di simili asservimenti tradiscono i poveri che intendono servire. La lotta di classe come via verso una società senza classi è un mito che blocca le riforme e aggrava la miseria e le ingiustizie. Coloro che si lasciano affascinare da questo mito dovrebbero riflettere sulle amare esperienze storiche alle quali esso ha condotto” (14).

Naturalmente, anche su questo punto, le idee di mons. Câmara non si ritrovano nei documenti conciliari. Manca, è vero, quella condanna del comunismo che sarebbe stato, secondo l’espressione di monsignor Brandmüller, “coraggioso” rinnovare. Ma certo non vi si trova nessun apprezzamento positivo di un molto ipotetico comunismo separato dall’ateismo come ricetta per lo sviluppo economico e sociale.

Alla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, mons. Câmara dunque già preparava il Vaticano III e diffondeva a piene mani la tesi secondo cui  […] occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo spirito” (15). Questa espressione, che in un certo modo sintetizza il pensiero del presule brasiliano, non è sua ma di Papa Benedetto XVI, che vi vede il segno caratteristico della falsa “ermeneutica della discontinuità e della rottura” (16) che tanti danni ha causato nella Chiesa dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II. La descrizione di questa mentalità da parte del regnante Pontefice nel Discorso ai Cardinali, agli Arcivescovi, ai Vescovi e ai Prelati della Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi, del 22 dicembre 2005, costituisce una sintesi, se non dell’opera di mons. Câmara, almeno della mentalità e dell’ambiente in cui il vescovo brasiliano si muoveva nella fase finale del Concilio e che già preparava il postconcilio: una mentalità che […] asserisce che i testi del Concilio come tali non sarebbero ancora la vera espressione dello spirito del Concilio. Sarebbero il risultato di compromessi nei quali, per raggiungere l’unanimità, si è dovuto ancora trascinarsi dietro e riconfermare molte cose vecchie ormai inutili. Non in questi compromessi, però, si rivelerebbe il vero spirito del Concilio, ma invece negli slanci verso il nuovo che sono sottesi ai testi: solo essi rappresenterebbero il vero spirito del Concilio, e partendo da essi e in conformità con essi bisognerebbe andare avanti. Proprio perché i testi rispecchierebbero solo in modo imperfetto il vero spirito del Concilio e la sua novità, sarebbe necessario andare coraggiosamente al di là dei testi, facendo spazio alla novità nella quale si esprimerebbe l’intenzione più profonda, sebbene ancora indistinta, del Concilio. In una parola: occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo spirito. In tal modo, ovviamente, rimane un vasto margine per la domanda su come allora si definisca questo spirito e, di conseguenza, si concede spazio ad ogni estrosità” (17).

A queste “estrosità” ha cercato di porre rimedio il Magistero della Chiesa, già, per la verità, con Papa Paolo VI che nel Discorso ai componenti del Sacro Collegio, che gli presentano gli auguri per la ricorrenza onomastica, del 23 giugno 1972, denunciava […] una falsa e abusiva interpretazione del Concilio, che vorrebbe una rottura con la tradizione, anche dottrinale, giungendo al ripudio della Chiesa preconciliare, e alla licenza di concepire una Chiesa “nuova”, quasi “reinventata” dall’interno, nella costituzione, nel dogma, nel costume, nel diritto” (18), quindi di Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) e di Papa Benedetto XVI. Che il Brasile viva un “postconcilio lungo” è confermato dall’entusiasmo piuttosto acritico con cui molti mass media cattolici di quel paese hanno accolto la pubblicazione dei documenti per molti versi gravi e inquietanti che scandiscono la partecipazione di mons. Câmara al Concilio, e dalla proposta di avvio del processo di beatificazione del presule avanzata nel febbraio del 2008 dalla CNP, la Commissione Nazionale dei Presbiteri, un organismo collegato alla Conferenza Episcopale Brasiliana. Certo, l’arcivescovo emerge da Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II come un uomo di fede e di preghiera, e solo Dio è giudice delle intenzioni e dei segreti dei cuori. Ma emerge anche con assoluta chiarezza come molte sue tesi, che egli si batté per far prevalere al Concilio  sono, per dire il meno, assai problematiche per chi si ponga dal punto di vista dell’ortodossia cattolica. Il più delle volte, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, lo sforzo di far prevalere queste tesi non fu coronato da successo: si pensi ai temi, che mons. Câmara definisce a più riprese cruciali, degli anticoncezionali e dell’ordinazione delle donne. La vulgata che vede il Concilio Ecumenico Vaticano II come una serie ininterrotta di “vittorie” dei “progressisti” fu divulgata ad arte durante il Concilio stesso ad extra, a beneficio dei mass media e a futura memoria per preparare una certa gestione del postconcilio, dalla stessa cerchia di cui facevano parte l’Opus Angeli, mons. Câmara e i suoi amici. Ad intra — ed è questo uno dei motivi di grande interesse dell’opera — essi sapevano però che, quanto ad alcune, anzi a molte, delle tesi che stavano loro più a cuore i “progressisti” non stavano affatto “vincendo” al Concilio, tanto che già invocavano un Vaticano III. Sulla base dei documenti, in parte fino a ora riservati, che vanno emergendo, molte idées reçues sul Concilio sembrano quindi da rivedere.

Massimo Introvigne

Note:

(1) Card. Léon-Joseph Suenens, Ricordi e speranze, trad. it., Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1993, p. 220.

(2) Cfr. mons. Hélder Pessoa Câmara, Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II, trad. it., a cura di Sandra Biondo, con Prefazione di mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito, e con Introduzione del professor Luiz Carlos Luz Marques e S. Biondo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2008; tutti i riferimenti fra parentesi nel testo rimandano a quest’opera.

(3) Margaret Todaro Williams, Integralism and the Brazilian Catholic Church, in The Hispanic American Historical Review, vol. 54, n. 3, Pittsburgh agosto 1974, pp. 431-452 (p. 450).

(4) Ibid., p. 444.

(5) Ibid., pp. 444-445.

(6) Eadem, Pastors, Prophets and Politicians: A Study of the Brazilian Catholic Church, 1916-1945, tesi di laurea alla Columbia University, 1971, p. 396, che ha potuto usare le bozze del libro mai pubblicato di Engel.

(7) Ibidem.

(8) Ibidem.

(9) Ralph Della Cava, Catholicism and Society in Twentieth-Century Brazil, in Latin American Research Review, vol. 11, n. 2, Pittsburgh 1976, pp. 7-50 (pp. 35-36).

(10) Thomas C. Bruneau, The Political Transformation of the Brazilian Catholic Church, Cambridge University Press, Londra 1974, p. 124.

(11) Ibid., p. 120.

(12) Ibid., p. 139.

(13) Monsignor Walter Brandmüller, Il Concilio e i Concili. Il Vaticano II alla luce della Storia dei Concili, trad. it. rivista dall’autore, in Cristianità, anno XXXIII, n. 332, novembre-dicembre 2005, pp. 3-10 (p. 6).

(14) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione su alcuni aspetti della “teologia della liberazione” “Libertatis nuntius”, del 6-8-1984, XI, nn. 10-11.

(15) Benedetto XVI, Discorso ai Cardinali, agli Arcivescovi, ai Vescovi e ai Prelati della Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi, del 22-12-2005, in Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. I, pp. 1018-1032 (p. 1025).

(16) Ibid., p. 1024.

(17) Ibid., pp. 1024-1025.

(18) Paolo VI, Discorso ai componenti del Sacro Collegio, che gli presentano gli auguri per la ricorrenza onomastica, del 23-6-1972, in Insegnamenti di Paolo VI, vol. X, pp. 670-681 (pp. 672-673).

[管理人注1]  私は、一般的に言って、「若気の至り」というのは認める。私自身、自分の若い頃の記憶がふと甦って意味不明の小さな叫び声を挙げることがよくある。それで、カマラ大司教に関しても、彼の若い頃のことを責める気持ちにはあまりなれない。けれども、彼にも(誰にも)「若い頃」があったばかりではない。戻る

「27. 諸教会に潜入し、啓示された宗教を『社会的』な宗教と入れ替えよ」  - 共産主義の目標 -

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